13 Maggio 2024
GIÙ CONSUMI ORTOFRUTTA, PER LA PRIMA VOLTA IMPORT SUPERA EXPORT

Per la prima volta da almeno 30 anni il valore delle importazioni di frutta e verdure fresche in Italia ha superato quello delle esportazioni con un impatto sui consumi degli italiani e sul reddito dei produttori. E’ quanto emerge dall’analisi dell’Osservatorio Coldiretti dal quale si evidenzia che le esportazioni nel 2024 hanno raggiunto il valore record di 6,1 miliardi di euro (+9%) sono state tuttavia superate per il balzo delle importazioni che sono risultate pari a 6,4 miliardi (+12%).

La situazione e ancora più pesante se si considerano le quantità con le importazioni di ortofrutta fresca che hanno superato i 5 miliardi di chili (+14%) mentre le esportazioni sono ferme a 3,6 miliardi, addirittura in calo rispetto all’anno precedente. Ammontano a 797 milioni di chili le importazioni di patate (+39%), a 251 milioni di chili quelle di piselli tra freschi e secchi (+20%), mentre quelle di fagioli sono pari a 176 milioni di chili (+9%), e di lattuga ne sono arrivati 126 milioni di chili (+5%). Di pere ne sono arrivati 127 milioni di chili (+15%) ma è boom soprattutto per gli arrivi di pesche e nettarine balzate a 108 milioni di chili (+74%). Crescono a doppia cifra anche le importazioni di kiwi (+23%) pari a 80 milioni di chili. E a pesare sull’export è ora il blocco dei traffici sul Mar Rosso legati agli attacchi Houthi ha quasi dimezzato le esportazioni in quantità di frutta e verdura italiane in Asia (-47%) a gennaio 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat diffusa in occasione dell’inaugurazione del Macfrut Fruit & Veg Professional Show di Rimini che evidenzia i primi effetti concreti della guerra in Medio Oriente per i produttori di ortofrutta nazionale.

L’allungamento delle rotte marittime tra Oriente e Occidente, costrette ad evitare il Canale di Suez e a circumnavigare il Sud Africa, hanno portato ad un aumento dei costi di trasporto del 659% secondo il Centro Studi Divulga, mentre i tempi di percorrenza sono aumentati mediamente di 7-10 giorni. E a risentirne sono stati soprattutto i prodotti più deperibili, a partire dall’ortofrutta. Le produzioni più a rischio sono i derivati del pomodoro, che valgono complessivamente circa 270 milioni all’anno, davanti alle mele, le cui vendita in Asia ammontano a 170 milioni, assieme ai kiwi, secondo una stima Coldiretti su dati Istat 2023. Ma tra gli alimentari interessati alle esportazioni in Cina e negli altri Paesi, oltre all’ortofrutta fresca e trasformata, ci sono anche la pasta e prodotti da forno, dolci e vino per un valore complessivo stimato in 5,5 miliardi lo scorso anno. Ma le tensioni internazionali pesano anche all’interno dei Paesi europei con gli interrogativi sollevati dalla decisione dell’Austria di limitare l’ingresso delle merci attraverso il valico del Brennero. Un canale oggi insostituibile per il flusso delle merci dall’Italia verso l’Europa che rischia di essere soffocato dai limiti alla circolazione che pesano sull’ economia e sul lavoro.

Basti pensare che attraverso l’arco alpino transitano le esportazioni agroalimentari italiane dirette verso il Corridoio Scandivano-Mediterraneo che conta Austria, Germania, Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia e tre paesi dell’Est Europa, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca. I ritardi nel transito legati alla decisione dell’Austria, che minaccia di ridurre ulteriormente i passaggi, pesano soprattutto sui prodotti più deperibili come l’ortofrutta nazionale.

Un settore ortofrutticolo che garantisce all’Italia in media 440mila posti di lavoro, pari ad oltre il 40% del totale in agricoltura, con un fatturato di 15 miliardi di euro all’anno tra fresco e trasformato, il 25% della produzione agricola totale, grazie all’attività di oltre 300mila aziende agricole che devono affrontare pero’ gli effetti del cambiamento climatico. Il 2023 si è classificato come l’anno più bollente mai registrato prima in Italia con una temperatura media superiore di 1,14 gradi rispetto alla media storica del periodo 1991-2020, secondo l’analisi della Coldiretti sulla banca dati aggiornata Isac Cnr. L’anno più caldo di sempre è stata accompagnato in Italia da una media di oltre 9 eventi estremi al giorno lungo la Penisola, tra grandinate, trombe d’aria, bombe d’acqua, ondate di calore, freddo con gelate improvvise e tempeste di vento con pesanti effetti anche sui raccolti che per la frutta sono arrivati ad esempio al 30% per le pesche e al 63% per le pere.

Segno meno nel 2023 anche per i consumi di frutta e verdura fresca nell’ambito domestico delle famiglie italiane. Nel corso dell’ultimo anno, sono stati acquistati circa 5,1 milioni di tonnellate di ortofrutta, segnando un calo del -6,3% rispetto al 2022 e, confermando così, un trend di diminuzione degli acquisti nel corso degli anni. il taglio dei consumi è stato accompagnato da un aumento della quota di ortofrutta importata con un doppio effetto negativo sulla salute. I cibi e le bevande importati in Italia sono 5 volte più pericolosi di quelli Made in Italy con il numero di prodotti agroalimentari stranieri con la presenza di residui chimici irregolari che è stato pari al 2,6% rispetto ad appena lo 0,5% di quelli nazionali, secondo quanto emerge dall’analisi dell’Osservatorio Coldiretti sulla base dell’ultimo rapporto Efsa sui residui chimici negli alimenti pubblicato il 23 aprile 2024. Una anomalia che va sanata con il rispetto del principio di reciprocità negli accordi commerciali. E’ necessario infatti che tutti i prodotti in vendita all’interno dei confini nazionali ed europei garantiscano un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la tutela della salute. I dati dell’Efsa confermano purtroppo che questo oggi non avviene.

Ma occorre anche aumentare le ore di educazione alimentare nelle scuole, anche con campagne mirate di promozione di frutta e verdura made in Italy, per contrastare un preoccupante calo dei consumi che sono crollati sotto la soglia dei 400 grammi al giorno a testa raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per una dieta sana. In Italia meno della metà dei bambini italiani (45%) consuma frutta tutti i giorni mentre la percentuale scende al 31% nel caso della verdura, secondo l’analisi della Coldiretti sull’ultimo rapporto dedicato all’obesità infantile dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Da qui la richiesta di Coldiretti di potenziare l’educazione alimentare nelle scuole con un sostegno delle istituzioni per far crescere la consapevolezza nei ragazzi dell’importanza di consumare frutta fresca e di stagione rispetto a modelli che si traducono poi inevitabilmente in un abbandono dei sani principi della Dieta mediterranea di cui il crollo della presenza sulle tavole è un campanello d’allarme da non sottovalutare. “La presenza quotidiana di Coldiretti nelle scuole in tutte le regioni d’Italia – sottolinea il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – è lo strumento più importante che abbiamo per educare le nuove generazione verso un’alimentazione sana e a un consumo di cibi sani, di stagione e di qualità. Solo così possiamo far invertire le tendenze negative e far crescere generazioni sempre più consapevoli”.